Aziende florovivaistiche in crisi in Sicilia

di La redazione Commenta

 

Le aziende florovivaistiche in Sicilia non vivono certo una delle migliori primavere e questo per via della serie di danni causati dall’Etna. La continua caduta di cenere e lapilli vulcanici sulle coltivazioni della fascia jonico etnea, non ha lasciato scampo alle produzioni locali e le stime preoccupano molto coloro che hanno aderito a Confagricoltura Catania. Negli ultimi mesi le piogge sono state contaminate dagli elementi tossici fuoriusciti dal vulcano e interi lotti di prodotti non potranno più essere commercializzati. Si pensa che una parte dovrà essere distrutta e non prima del prossimo anno si potranno vedere risultati di nuovo positivi.Questo senza dimenticare che è già in corso una dura crisi internazionale da affrontare. E’ stato intanto dichiarato infatti lo  stato di emergenza per calamità naturale.

Recentemente, dunque, Confagricoltura Catania ha scritto al Prefetto di Catania, alla Provincia regionale, ai sindaci dei Comuni colpiti, all’Agenzia delle Entrate e all’Ispettorato provinciale dell’Agricoltura di Catania, chiedendo interventi urgenti e soluzioni strutturali in relazione al problema. Insomma se sui danni causati dalla natura non si può fare nulla, almeno le istituzioni devono sostenere le imprese.

Il problema ha avuto inizio soprattutto nei primi mesi di quest’anno soprattutto nelle aree tra Catania e Fiumefreddo di Sicilia, che, con oltre 600 ettari di coltivazioni e un migliaio di addetti, rappresentano gran parte del florovivaismo della Trinacria. Questo senza dimenticare che ci troviamo di fronte ad una grave crisi internazionale. La stessa ha portato ad una intollerante sofferenza per le esportazioni. Le ditte si trovano ad affrontare da sole grossi problemi. Nei giorni scorsi del resto le eruzioni dell’Etna sono aumentate. Sono diventate tanto costanti e violente da  pregiudicare la stessa attività agricola e il relativo reddito derivante. I prossimi mesi, insomma, saranno in tal senso, assolutamente decisivi, ma certo non facili da affrontare per chi ha perso una gran parte della produzione attuale. 

 

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