Buoni pasto: aziende indecise

di La redazione Commenta

 I buoni pasto, ultimamente, sono davvero una nota molto dolente e mentre qualcuno si lamenta per i tempi di ricezione del denaro e la presunta mancanza di serietà di alcune tra le più note marche che distribuiscono i ticket, arrivano anche proposte provocatorie. Secondo quanto ha riferito il presidente di Federdistribuzione, Giovanni Cobolli Gigli le cose in qualche modo devono cambiare “o si riducono le commissioni per l’esercente al 3%, o si mette il valore dei buoni in busta paga”. Tutto, insomma, va bene purchè si torni a dare sia in azienda che nella vita di tutti i giorni, il giusto valore alle cose.
In un mercato in cui i dirigenti vantano qualunque privilegio e i lavoratori riescono, neppure sempre, a risparmiare un pò sullla spesa del pranzo o a comprare qualcosa per la famiglia a livello alimentare, sospendere questo tipo di promozione potrebbe essere disastroso e provocare una rivolta. Dal canto loro bar, ristoranti, ma anche punti vendita sono costretti a subire commissioni sempre più elevate e allora non ci stanno. Il sistema crea grosse difficoltà quindi per gli esercenti che per non perdere clienti accettano i buoni pasto nonostante i disagi e i dipendenti che ottengono un servizio inferiore al valore del ticket. La situazione è stata delineata dal presidente di Federdistribuzione Giovanni Cobolli Gigli il quale ha parlato attraverso le pagine del Corriere della Sera, per tentare di trovare un accordo all’annosa questione.
Il sistema sembra non più sostenibile in questi termini, anche perchè circa un terzo dei buoni viene speso in supermercati come moneta di scambio e questo “ha effetti discorsivi proprio a causa della differenza tra contenuto del servizio offerto ai lavoratori e importo del buono” come ribadisce lo stesso Cobolli Gigli. Le proposte potrebbero essere un paio: nel primo caso si ritorna a un utilizzo corretto del buono pasto, con una commissione del 3% o, secondo il diretto interessato, si mette il valore del buono in busta paga, mantenendo la detassazione dei primi 5,29 euro. “In questo modo- come conferma- è presumibile pensare che il dipendente continuerà ad andare al bar, al ristorante o al supermercato, ma si tornerebbe a dare il vero valore ai soldi”.

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