Fallimenti aziendali: almeno 30 al giorno nel 2010

di La redazione Commenta

La notizia non è certo positiva ed, infatti, la statistica dei fallimenti aziendali in un sistema di monitoraggio che giunge fino al 2010 è in costante aumento. Solo una manciata di mesi fa, infatti, le chiusure o comunque la bancarotta interessavano circa 30 strutture al giorno. Una cifra incredibile, che denuncia quanto sia necessario per le ditte ricevere finanziamenti o agevolazioni per superare questo momento di crisi economica, arrivata ormai al limite.

Se la recessione sembra passata, non lo sono assolutamente le conseguenze che si è portata dietro, i licenziamenti, il budget che manca e gli aiuti che non arrivano e le aziende, il più delle volte, sono costrette a gettare la spugna. Solo lo scorso anno, sono state aperte oltre 11mila procedure d’insolvenza,  con una crescita del 20% sul 2009. Un segnale preciso che non va assolutamente sottovalutato. In pratica, si tratta del valore più alto da quando è stata riformata, tra il 2006 e il 2007, la normativa sulla crisi d’impresa.

A diffondere questi dati è stato il Cerved Group che ha effettuato uno studio molto preciso sulla questione, che però ha lasciato un timido spiraglio legato ad un possibile futuro più roseo. Ovviamente, le  più colpite sono state e continuano ad essere le aziende più piccole e soprattutto a pagare il prezzo maggiore è stato il manifatturiero, con 5mila default tra 2009 e 2010. Quasi tutte le imprese chiudono per la crisi di liquidità e la Lombardia è la regione italiana col più alto numero di casi, forse perchè in questa regione è maggiore il livello di imprenditoria. Ecco perchè il tasso di fallimenti su 10mila aziende operative, è abbastanza basso nel Sud e nelle Isole e a tal proposito è intervenuto Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato di Cerved Group. Quest’ultimo ha infatti confermato: “Ciò è dovuto anche al fatto che man mano che si scende in Italia, la taglia dimensionale si riduce. Dalle piccole imprese si arriva dunque alle microimprese, che come tali non rientrano più nelle normative fallimentari dopo la riforma del 2006-2007”.

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