Aziende italiane troppo tradizionali, devono rinnovarsi

di La redazione Commenta

L’Unione Europea bacchetta l’Italia e considera le sue imprese troppo indietro per i tempi. Si mantengono, infatti, ancora troppo sul tradizionale senza contare che in poche investono sui giovani e non rinnovano i contratti. Il Paese vittima della crisi, è piuttosto “vulnerabile” ai fattori esterni e non mostra capacità competitive degne di nota. I motivi? Le debolezze strutturali, il debito esagerato e un sistema imprenditoriale bloccato. Tutti elementi che limitano la crescita. Le strutture aziendali continuano a chiudere perché non trovano una reale via di uscita e, al momento, sembra quasi una situazione da cane che si morde la coda.

Il rischio è che diventi un elemento di contagio per il resto dell’Eurozona, come conferma la Commissione e, ancora una volta, il continente guarda il Belpaese con la lente di ingrandimento evidenziandone i difetti. Lo Stivale ci proverebbe a cambiare le cose, ma lo fa in modo discontinuo e questo lo fa ricadere sempre al punto di partenza, fermo in modo imbarazzante soprattutto per quel che riguarda il sistema aziendale. Una soluzione va trovata al più presto e l’unica buona notizia è che la recessione dovrebbe toccare il fondo a metà 2013. L’anno dovrebbe essere negativo, ma poi potrebbe iniziare la risalita.

Ipotesi accreditate è vero, ma non certezze e dunque  la condizioni finanziarie rimangono fragili e le prospettive di crescita nel medio termine moderate”. Moltissime le cose che secondo L’Ue dovrebbero cambiare. Un esempio su tutti è rappresentato dall’alto debito. C’è poi la perdita della competitività esterna ormai da troppo tempo, la produttività stagnante, il modello aziendale da rivedere e i problemi burocratici e amministrativi. Cosa fare quindi? Si dovrebbe ritrovare equilibrio rafforzando la crescita, sviluppando un saldo sistema fiscale in grado di venire incontro alle aziende e migliorare il sistema dell’istruzione e della formazione. Non ultimo, sarebbe importante favorire la capacità del sistema bancario di sostenere l’economia.

 

 

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