Aveva annunciato con entusiasmo la riapertura delle fabbriche che si trovano nell’area colpita dal terremoto in Giappone, la Sony, ma alla fine ha dovuto arrendersi. Se ancora non è chiaro se e come sono state danneggiate le sue strutture dallo tsunami dello scorso undici marzo e dalla discontinuità della corrente elettrica, di sicuro mancano le materie prime e non si può in alcun modo lavorare. La sicurezza dei dipendenti, inoltre, è fondamentale e il pericolo di radiazioni nella zona vicino a Fukushima è piuttosto alta.
Le conseguenze più alte, dopo quelle che incidono sulla salute, causate da questo disastroso sisma, stanno interessando in questi giorni proprio il settore hi-tech e stanno mettendo in ginocchio praticamente le imprese di tutto il mondo che si affidavano esclusivamente al Giappone per la produzione di molti pezzi. Tali prodotti rappresentano, infatti, da sempre il cuore dell’export del Paese.
All’inizio Sony aveva parlato di una sospensione delle attività fino alla fine di marzo, poi di ripresa e adesso di blocco momentaneo totale negli stabilimenti di Shizuoka, Aichi, Gifu e Oita, le filiali che realizzano in particolare fotocamere digitali, macchine fotografiche, televisori e telefoni cellulari. Il blocco di altre aziende, avrebbe fatto mancare le materie prime, senza le quali non si può procedere con la creazione di prodotti nuovi. Sony stessa ha pubblicato un comunicato ufficiale sul proprio sito web, dicendo che avrebbe ripreso la produzione non appena possibile. Tuttavia, è ricominciata la produzione di batterie a Shimotsuke nella prefettura di Tochigi, a nord di Tokyo. Tantissime le aziende in pericolo, soprattutto Toyota, Honda ed altre aziende multinazionali. Il terremoto, infatti, ha creato problemi nell’approvvigionamento di componenti per le auto, in particolari parti gomme ed elettroniche. Toyota, però spera di riprendere in queste ore la produzione, se questo sarà possibile.
